Don Pasta sulla Effe alla scoperta delle tante espressioni della cucina nostranaDon Pasta, personaggio conosciuto per i suoi importanti e originali progetti editoriali in un evento speciale su La Effe alla scoperta delle tante espressioni della cucina nostrana nella interessantissima serie italiana firmata RED - Red Eat Dream. Cibo, cibo ovunque nei palinsesti televisivi. Eppure, sul banco degli imputati, negli ultimi anni, è finita anche la dieta mediterranea, in base al principio secondo cui il consumo di molti cereali e in particolare del grano nei Paesi del sud del Mediterraneo potrebbe aver influito sull'andamento dei casi di celiachia. Come mai aumenta il numero di celiaci o di persone che non tollerano il glutine?

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Vi ricordate il film di Benigni "Johnny Stecchino"? La piaga di Palermo è il traffico, recitava in una famosa battuta il personaggio nel film; l'effetto comico era dovuto all'aspettativa disattesa dell'affermazione che tutti si sarebbero aspettati di ascoltare, cioè la piaga di Palermo non è il traffico, ma la Mafia.

E' un po' come la storia del vedere la pagliuzza nell'occhio altrui invece della trave nel proprio.

Oppure esaltare una piccola virtu' quando intorno è evidente un vizio grande come una casa.

Questa premessa per parlare di un appuntamento TV (ben fatto nonostante tutto) con la cultura culinaria italiana.

Daniele di Michele, da tutti conosciuto come Don Pasta in un evento speciale su La Effe alla scoperta delle tante espressioni della cucina nostrana nella interessantissima serie italiana firmata RED - Red Eat Dream.

Don Pasta è un personaggio che ha imparato a farsi conoscere  per gli originali progetti editoriali come Food Sound System e la Parmigiana e la Rivoluzione o Artusi Remix che è un viaggio antropologico attraverso l'Italia volto a recuperare le antiche tradizioni gastronomiche.

Performer,dj economista, Don Pasta è noto inoltre, per le sue sorprendenti esibizioni live in cui fonde jazz e dialoghi sul modo di fare la pasta in casa.

Quando si dice "gastrofilosofo militante" non so se sia una definizione che lui ha dato a se stesso oppure qualcun'altro gliel'ha affibbiata, ma gli si addice perfettamente.

Altro indiscutibile merito è quello di stare ben lontano non solo dalle cucine artefatte e leziose dei talent show, ma anche dalle leggi comunitarie che vogliono imporci quanto lunga deve essere una zucchina, dimostrando così di non voler capire il valore della nostra cucina tradizionale.

Quando vediamo donne raccontare la resistenza e con orgoglio rivivere il ruolo da loro stesse ricoperto di staffetta nella dura lotta partigiana, mentre allegramente preparano lasagne al forno, è, bisogna riconoscerlo, una buona intuizione in un palinsesto televisivo sempre affollato di proposte mangerecce.

Ora, il punto è questo. Caro Don, visto che ti qualifichi come una sorta di anarchico dei fornelli e ciò fa supporre che tale titolo indichi una decisa e coraggiosa alternativa al sistema culinario comunemente inteso; manierato e smorfioso per intenderci ... allora ... vuoi andare fino in fondo?

Qualche passo in avanti per rendere molto piu' piccante e appetitosa la tua ricetta.

Parlare del grano per esempio?

Quello che noi utilizziamo è un grano geneticamente modificato che ha un contenuto di glutine pari al 50%.

Come mai aumenta il numero di celiaci o di persone che non tollerano il glutine?

Questa per esempio, potrebbe essere una buona domanda da prendere senz'altro in considerazione in una trasmissione televisiva che si dichiara nuova e diversa da ogni altra. 

Gli studiosi, infatti, si sono accorti che questo super glutine ha provocato in molte persone la comparsa di reazioni avverse ed è capace di stravolgere i meccanismi del sistema immunitario.

Aumentano i casi di intolleranza al glutine e celiachia, anche non diagnosticati, e si torna a puntare il dito su Ogm e qualità del cereale.

Cioè, quanto influisce il grano "modificato"?

E quando, caro Don, dopo aver rotto le uova e voluttuosamente affondato le mani nella farina, perché non parlare di allevamenti

Non trovi paradossale che, quelli cosiddetti pastorali, ovvero dove gli animali sono tenuti in libertà a pascolare, vengano definiti "primitivi", come dire roba da paesi in via di sviluppo.

Quale allora l'alternativa?

Ad un allevamento pastorale contrapponiamo un allevamento cosiddetto intensivo?

E' migliore?

Perché?

Lo scenario delle vacche da latte che brucano serene nei prati verdi, non ci piace? 

Non ce ne sono piu'?

Forse è vero, stanno diventando sempre piu' rari.

Si tratta di un'enorme mistificazione che ha prosperato grazie a non so cosa.

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