Sono trascorsi ormai quasi tre mesi dall’apertura della mostra “Vassily Kandinsky”, una raccolta di oltre 80 opere provenienti dal Centre Pompidou di Parigi. La mostra, promossa e realizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, e tenutasi a Palazzo Reale, attrae ogni giorno centinaia di turisti, e non solo.
A mostrare interesse per questa esposizione sono anche gruppi autonomi, scolaresche e gli immancabili appassionati d’arte. Una vera e propria retrospettiva monografica nella quale ci vengono riproposte in ordine cronologico alcune tra le opere più importanti del capostipite dell’astrattismo, a partire dai suoi esordi post-impressionisti fino agli ultimi capolavori.
Il suo percorso a livello artistico è stato molto vario e interessante, come ci dimostrano i dipinti, ma la maggior parte di essi appartengono al movimento per cui Kandinskij è diventato famoso: l’astrattismo.
Essendo fin da giovane un instancabile viaggiatore, Kandinskij ha girato gran parte dell’Europa, da solo o in compagnia di donne che, seppure in periodi diversi, lo hanno segnato, come per esempio l’allieva e fidanzata Gabriele Munter, e la seconda moglie, Nina Andreevskij. Il suo percorso, così come la mostra, inizia in Russia: Mosca infatti rappresenta il punto di partenza della sua brillante carriera. Seppure il suo modo di dipingere muta e si evolve, si può notare che alcuni temi russi resteranno sempre una costante della sua arte, come quello delle imbarcazioni, tipiche della tradizione moscovita.
Ci si sposta poi in Germania, nelle città di Monaco, Murnau e Dessau dove Kandinskij ha instaurato uno stretto legame con Gropius e il Bauhaus, per finire poi in Francia dove il suo interesse si concentrerà in particolare sull’astrazione biomorfa.
Impressioni, Improvvisazioni e Composizioni sono le tre grandi categorie nelle quali si possono suddividere le sue opere, di tutte e tre sono presenti diversi esempi molto significativi. Molte sono le tecniche che usa Kandinskij, motivo per cui non sono esposti solo dipinti di olio su tela o tempera, spesso addirittura mischiati tra loro per accendere ancora di più i colori, ma anche disegni realizzati con la china, bozzetti preparatori in matita, o ancora litografie.
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È evidente il percorso che l’artista compie, le sue trasformazioni, il modo in cui passa dalle illustrazioni alle immagini astratte. In queste opere emergono gli elementi e i colori chiave: il triangolo giallo, il quadrato rosso e il cerchio blu.
Emerge l’importanza che una semplice linea e un banale punto assumono nella sua concezione di arte. Lampante è anche il suo tentativo, perfettamente riuscito, di creare una stretta analogia tra la pittura e la musica, che da sempre è una delle principali fonti di ispirazione. Dalle sue tele traspare la sua abilità nel creare una perfetta armonia tra la purezza del suono e la forza espressiva del colore.
Nell’ultima sala, come conclusione del percorso fatto, si trova uno dei suoi ultimi capolavori: “Blu Cielo”, un’opera che, sebbene fosse stata realizzata in pieno clima di guerra, nel 1940, è in grado di trasmettere allo spettatore quella gioia e quella tranquillità che desiderava l’autore. E così, passando da Mulini a vento (1904), a Nel grigio (1919), a Giallo, rosso e blu (1925), lo spettatore può compiere un viaggio, artistico e spirituale, che è in grado di mostrare un Kandinskij come non lo si era mai visto.
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